Innovare per fermare il declino: intervista a Mattia Corbetta

Da anni siamo bombardati da notizie che ci parlano di crisi. Crisi economica, crisi della politica, dei costumi, della morale, dell’etica: tutti parlano di questi fenomeni, come se il solo parlarne potesse fornire una soluzione. Poi, in questo marasma, una lezione del Master si concentra su un particolare aspetto della crisi economica: se possa essere delineato un legame tra investimento nella ricerca scientifica e ripresa dalla crisi economica. E a me, personalmente, si apre un mondo.

Scopro di essere immerso nella terza grande rivoluzione economica della storia dell’umanità dopo quella dell’agricoltura e dell’industria. Viviamo, più o meno consapevolmente, nell’era della conoscenza: in essa i beni e i servizi acquistano un valore che non dipende, come avveniva in passato, dalla somma di materia prima e costo del lavoro. Oggi, un bene ha valore economico elevato se ad esso è associato un alto tasso di conoscenza aggiunto (ebbene sì, produrre il vostro pc o smartphone non costa così tanto. Non lo sapevate? sapevatelo..). Attualmente, più di due terzi dell’economia globale sono basati su scambi di beni e servizi ad alta conoscenza. È abbastanza intuitivo (o almeno, ahimè, dovrebbe esserlo) come investire nella ricerca scientifica, e nella conoscenza, sia l’unico modo per mantenersi competitivi a livello internazionale. Lungi dalla voglia di piangersi addosso, diciamo che in Italia questo passaggio non è stato finora così immediato.. decido quindi di parlarne con un inside man, una persona che ha fatto di queste tematiche la propria professione, per capire qualcosa di più sullo stato in cui si trova l’Italia e su cosa si sta facendo al momento.

Per tutti questi motivi il candidato perfetto risulta essere Mattia Corbetta, della Segreteria Tecnica del Ministro dello Sviluppo Economico. Questi sono per il Ministero giorni frenetici, tuttavia riusciamo a ritagliare uno spazio per una breve (ma interessantissima) intervista telefonica. Ecco quello che ci siamo detti.

La cosiddetta “strategia di Lisbona”, adottata a partire dal 2000 dall`Unione Europea, prevede come obiettivo espressamente dichiarato quello di fare dell’UE la più competitiva e dinamica economia della conoscenza . Quali sono state finora  le iniziative messe in atto dal Ministero dello Sviluppo Economico per allinearsi a tali obiettivi?

Nei miei due anni al Ministero dello Sviluppo Economico ho potuto testimoniare il lancio di almeno 3 iniziative volte ad aumentare la competitività del nostro tessuto economico attraverso una valorizzazione dei processi di ricerca e innovazione: la prima, avviata con il Decreto Crescita dell’estate del 2012, riguarda il riconoscimento di un credito d’imposta del 35% in favore delle imprese che assumono a tempo indeterminato personale altamente qualificato – dottori di ricerca e laureati in materie tecnico-scientifiche (matematica, fisica, chimica, ingegneria etc.); la seconda, di cui posso riferire più in dettaglio per averla seguita personalmente fin dai suoi albori, comprende il pacchetto di politiche [per una sintesi normativa di tali politiche rimandiamo a questo documento] lanciate nel dicembre del 2012 a sostegno delle startup innovative. La terza, di più recente gestazione (decreto Destinazione Italia, ma in cantiere da almeno un anno), riconosce alle imprese un credito d’imposta a valere sull’incrementale, rispetto all’anno precedente, nelle attività di ricerca e sviluppo.

Quali sono i punti salienti della policy a sostegno delle startup innovative? 

Il primo portato della policy è rappresentato dal fatto stesso di aver introdotto nel nostro ordinamento giuridico la definizione di nuova impresa innovativa, la startup [consultate questo documento per un elenco delle startup italiane] : in via del tutto inedita, per questa tipologia di impresa è stato predisposto, senza operare distinzioni settoriali o porre limite alcuno legato all’età dell’imprenditore (perché le innovazioni si verificano in qualsiasi settore, e possono essere generate da creativi di tutte le età!), un vasto e articolato corpus normativo che ha assegnato nuovi strumenti e misure di favore in materie differenti a valere sull’intero ciclo di vita dell’azienda, dall’avvio alle fasi di crescita, sviluppo e maturazione: abbattimento degli oneri d’avvio, flessibilità nella governance societaria, possibilità di retribuire i dipendenti e i consulenti con strumenti partecipativi, agevolazioni fiscali agli investimenti in seed capital, ricorso all’equity crowdfunding per il reperimento di capitali diffusi, meccanismi di fail-fast nel caso in cui l’avventura non vada nel verso giusto e così via..

Perché sostenere le startup innovative è così importante?

Perché, come illustrato in numerosi studi economici (OCSE, Kauffmann Foundation, per non parlare del best seller “The new geography of jobs” di Enrico Moretti, in cui il concetto è centrale), le imprese innovative – in misura molto più consistente rispetto a quelle tradizionali – sono in grado di incidere sulle dinamiche della creazione d’impiego e della produttività. In particolare, Moretti ha calcolato che negli USA ogni posto di lavoro creato nei settori high-tech si porta dietro 5 nuovi posti di lavoro “tradizionali”. Per questo è importante che un Paese diventi un hub dell’innovazione, e qui al MiSE stiamo cercando di attrezzare l’Italia degli strumenti giusti per raggiungere questo obiettivo.

In base a un report della Banca d`Italia datato Luglio 2013 (“Questioni di economia e finanza”) un passo fondamentale per il rilancio economico italiano è il rinnovamento della classe dirigente. Quali sono le misure volte a favorire questo riciclo, non solo generazionale ma anche, e soprattutto, “di pensiero”?

Non vorrei entrare nel campo minato del rinnovamento della classe politica, processo necessario cui spesso fa da contraltare un dibattito pubblico segnato da profonde strumentalizzazioni dettate da interessi di parte e mistificato dalla retorica del giovanilismo. Mi limito dunque a considerare il tema del rinnovamento in campo imprenditoriale. Il nostro è un Paese immobile dal punto di vista sociale, dove se le condizioni di partenza incidono in via preponderante nel determinare le sorti di un cittadino. Troppo spesso il sudore versato per raggiungere un obiettivo, le competenze acquisite durante il percorso scolastico o le abilità maturate nel corso degli stage e dei tirocini non bastano a determinare il successo di una persona, a permetterle di scalare la piramide e migliorare la propria situazione. Il capitale relazionale e, in particolare, lo status economico della famiglia d’origine, continuano ad essere fattori prevalenti. Queste dinamiche si verificano anche in ambito imprenditoriale. In buona misura, nel nostro Paese diventano imprenditori i figli d’imprenditori. L’impresa non è una prospettiva né sufficientemente raccontata, né raggiungibile per buona parte della popolazione. Ebbene, le startup innovative, per le regole che ne disciplinano il funzionamento introdotte dal MiSE, rappresentano uno strumento capace di spezzare queste dinamiche e incrementare la mobilità sociale.  Quando ho parlato di flessibilizzazione della governance societaria, mi riferivo al fatto che si è favorita la democratizzazione dei processi decisionali d’azienda rendendo possibile la partecipazione di coloro che sono detentori di idee ma spesso non possiedono le quote di capitali. L’eliminazione degli oneri di registrazione alla Camera di Commercio, per fare un altro esempio, arreca un beneficio a chiunque intenda avviare una startup innovativa: ma tale beneficio, di fatto, avvantaggia in misura particolare coloro che partono dal basso e soffrirebbero in misura maggiore un onere da corrispondere quando ancora non si è iniziato a fatturare. La policy è disseminata di misure che seguono questa visione. E’ così che, nel nostro piccolo, abbiamo cercato di favorire la mobilità sociale.

Se dovessi sintetizzare in tre punti le priorità da affrontare per corroborare il sostegno pubblico alle nuove imprese innovative, a cosa penseresti?

Penso di sicuro a “Italia start up VISA”, una serie di misure volte ad attrarre capitale umano dall’estero. Al “Fondo dei fondi”, per alimentare il co-investimento tra pubblico e privato in venture capital capace di alimentare le nuove imprese innovative. E infine penso alla riduzione della burocrazia e degli oneri tributari fissi che non dipendono dal reddito: i livelli attuali di tassazione molto spesso non sono sostenibili per imprese neonate, che non hanno ancora fatturato. In questo modo si tarpano le ali a tanti imprenditori innovativi, e questo non ce lo possiamo più permettere.

Ringraziando ancora una volta Mattia per la sua disponibilità e chiarezza, vi rimando a questi due portali, su cui potrete trovare tutto quello che vi interessa riguardo a investimenti nella ricerca e start up:

Destinazione Italia

Il sito del Minitero dello Sviluppo Economico